giovedì 27 aprile 2017

Intrighi al palazzo di Raperonzolo

La pioggia batteva in modo cadenzato sulle finestre del palazzo reale, mentre il vento faceva oscillare vivacemente gli alberi dei giardini ben curati. Così era il clima di quella mattina di metà marzo al palazzo della città di Molto Molto Lontano, dove viveva l'anziana e bella regina Raperonzolo. Ella aveva trascorso la tutta la sua vita di sovrana al fianco del buon marito Edoardo: il regno aveva avuto alti e bassi a causa di alcune guerre, ma il re era sempre riuscito a mantenere la governabilità e le promesse fatte al padre.
Ora, però, il sovrano, raggiunta una certa età, aveva deciso di abdicare in favore del figlio maggiore Federico che necessitava al più presto di un' aggraziata fanciulla degna dell'erede al trono. Raperonzolo aveva notato che gli occhi del principe durante il loro ultimo viaggio di rappresentanza si erano rivolti con particolare fervore a Ludovica, la dolce dama di compagnia di Ginevra, principessa del regno. La donna decise quindi di parlare con il marito di questi presentimenti ricevendo la seguente risposta: "Moglie mia, nostro figlio Federico non sposerà una donna qualunque, tantomeno una popolana. Egli deve prendere in moglie una nobile; per esempio, la figlia del re di Genovia sarebbe perfetta per lui.". La regina contestò il marito dicendo: "Mio amato, voi avete sposato me ed io non ero affatto istruita per diventare una sovrana: vostro padre lo accettò e fu anche molto contento.". Ma il re non demorse e spiegò le sue ragioni: "Raperonzolo, il principe necessita di alleanze militari per vivere in pace e armonia con gli stati circostanti. Facciamo un patto: egli conoscerà le principesse dei regni confinanti e, se non troverà una donna che farà al caso suo, potrà esporci la sua opinione.".
Nei giorni a venire il principe conobbe varie nobili fanciulle in compagnia della famiglia, però solo una damigella attirò particolarmente la sua attenzione: ella era la principessa Maddalena della casata dei Neuesleben, una giovane bellissima e molto interessante, dai bei modi di fare e dallo sguardo vivace. Le fu chiesto di rimanere a palazzo alcuni giorni per approfondire la conoscenza dell'erede al trono e felicemente accettò: apparivano molto affiatati come possibile coppia, eppure Federico notava che la donna al suo fianco non era quella giusta per lui.
Una notte, durante il soggiorno della principessa Maddalena, il principe si recò presso le stanze che la sorella condivideva con Ludovica: essi parlarono, risero, si conobbero meglio e capirono che la notte cha avevano passato insieme non era stata un errore dettato solamente dalla passione, ma significava molto di più. Una volta tornato nelle sue stanze il principe meditò sulle scelte da intraprendere e all'alba del giorno successivo, prima di prepararsi per l'addestramento mattutino, prese la decisione di interrompere il fidanzamento con Maddalena e di chiedere a Ludovica di sposarlo.
La regina Raperonzolo nell'ultimo periodo si era accorta di un cambiamento nello stato di salute della dama di compagnia della figlia, così le domandò come si sentisse e la risposta confermò le sue teorie: "Regina, buongiorno! Ho solo alcune nausee mattutine nell'ultimo periodo, ma mi riprenderò in tempi brevi. Non vi preoccupate", Raperonzolo allora le disse: "Cara, io credo proprio che tu sia incinta: hai lo stesso aspetto che avevo io quando aspettavo Federico e Ginevra...". La ragazza boccheggiava in cerca di aria  quando correndo sopraggiunse il principe che era riuscito a convincere il padre delle sue decisioni.
Egli disse: "Ludovica, io devo dirti che... che sono innamorato di te fin dal primo momento in cui i miei occhi hanno incontrato i tuoi. Sono innamorato di te perché tutto ciò che mi spinge ad odiarti, in realtà, mi spinge ad amarti. Quindi rendi felice il ragazzo che sono, non il principe Filippo, ed accetta di sposarmi."

La ragazza senza parole, annuì, gli tese la mano e gli disse: "Ti farò felice quanto tu hai reso felice me". Filippo la guardò sbalordito e, con le lacrime agli occhi, lei disse: "Sono incinta". Egli la fece volteggiare in aria felicemente e poi abbracciarono entrambi Raperonzolo.

Caterina Bergantin

domenica 23 aprile 2017

Epigrammi sui personaggi di "Azzurro Tenebra"



ARP (protagonista ed autore del romanzo):                                        
Tu, Arp, così disilluso,                                                                              
ma non è forse vero che con gli Azzurri                                              
rimani sempre deluso?                                                                          
E poi, perché parlare con un cane?                                                      
Forse perché gli umani son tutte “Jene”?                                              
                                                                                                                  
                                                                                                        
BIBÌ
 (amico fraterno
e collega di Arp,
che segue con
lui quei Mondiali):
 Bruno,
 tra donne, tribune
 e imprecazioni,
 che piovono giù come acquazzoni

GRANGIUÁN (giornalista al servizio  di                                                                                        un’altra testata, che scrive del Mondiale):                                                                                                                                                                                       E io che pensavo di parlare con un uomo austero,                                                                                    e invece mi trovo davanti un divertente ciarliero                               
                                                                                                                                                               

WALF (fotografo   ufficiale                                                                                                        della  spedizione  di  Arp, amico   di Bibì):                        
Walf,     
sempre all’erta
in ogni trasferta,
fedele accompagnatore
dello scrittore


IL VECIO (vice-allenatore dell’Italia versione 1974,                   
amico di Arp e futuro C.T. italiano nel 1982…):                       
 Nella vita si può cadere,                                                              
basta portare pazienza e lavorare con coerenza                                                                                                                                                                                                                     
                                                                                       

 GAULOISE(alias
Carlo Parola, ex                                 
 gloria della nazionale italiana
e osservatore del Mondiale. Famoso per la sua   rovesciata):                                                                                                                                                                   
Tu, simbolo dell’album Panini,
 ai tuoi tempi, altro che “abatini”!

                                                                           
IL VENEZIANO (giornalista molto ostinato…):               
Risuona forte il tuo grido ogni dì:                                       
“Avanti al centro con la diccì!!”                                                                                                                                                                 
                                                                                            
                                                                                           
GIORGIONE (sfortunato attaccante
italiano, bandiera della Lazio)                                                                                                                                                              
Attaccante così potente,
 un declino così rapido e deludente…



Michele Servi




martedì 11 aprile 2017

Il Talento Umano



                                                                         SCENA 1

(Mattina. Ufficio.)

Tarmini (vestito con giacca e cravatta stretta, nodo puntato contro la gola. Osserva il corridoio. Silenzio. Si ritira nell’ufficio. Splanca la finestra e guarda fuori. Ha un brivido e richiude la finestra. Riflette a voce alta)

Tarmini Tutte le mattine è sempre la stessa storia. E’ colpa di questo malessere... Tutta colpa dei miei dipendenti, che appena mi vedono se la danno a gambe levate. Eppure io non sono mai stato un tiranno, ho dato solo due elementi da seguire per lavorare serenamente: il RISPETTO e il SENSO DEL DOVERE. Non voglio essere giudicato capo né tanto meno causare timori... Quanto mi piacerebbe vedere degli occhi sinceri! Ah, la mattina che periodo difficile... (sospira)

(Entra Cesare Baldini, ideatore e responsabile della pubblicità. Sbuffa mentre si siede sulla poltrona)

Baldini Buongiorno direttore... Hai letto l’articolo di J. su "La Stampa"? E hai sentito delle scarpe X? L’ometto disegnato solo per metà è una buona trovata. Noi, con questi inchiostri, cosa vuoi che possiamo fare? Comunque hai fatto male a non venire con me al cinema, ieri sera. Il film era buono e la pizza che ho mangiato dopo meritava davvero. E... Sai che la Pina, la ragazza del mio ufficio, deve essere cotta di te? Quando ti vede diventa rossa e scappa via. Ma stando chiusi otto ore in questo pollaio come si può combinare ancora con le donne? Se hai tempo di parlare di lavoro chiamami, ho qualche discreta idea per Natale. Per esempio tingere il vostro taccuino con l’inchiostro Kappa, non ti pare una buona pensata?

Tarmini Tu hai troppe idee, ragazzo. Peccato che non si sia così piccoli...


Baldini (cantilenando) Scherza coi mostri e lascia star gli inchiostri...

Tarmini Bene, ora ho da fare. Ci vediamo più tardi.

Baldini Bene, vado a fare anch’io qualche scarabocchio. Con la Pina. Ti prendo un attimo il giornale.
(esce)

 SCENA 2

Tarmini (da solo nel suo studio; riflette a voce alta) Lo devo licenziare, adesso basta... Risparmierei un milione e mezzo all’anno... spostando la Pina in segreteria mi risparmierei un’assunzione da mezzo milione. Poi metto l’archivio nel suo ufficio e così sarebbe più vicino al mio ufficio e sentirei ciabattare meno durante il giorno su e giù per il corridoio. Devo obbligarlo a dimettersi, ormai qui dentro è solo un motivo di disordine... Pensa solo alle ragazze, a divertirsi, al cinema... Lavora con troppa disinvoltura... La fabbrica deve risparmiare assolutamente quei cinque milioni per il bilancio, e solo lui ne copre un milione e mezzo... Devo assolutamente riuscirci per il bene dell’azienda. Se non ci dovessi riuscire il commendatore arriccerebbe il naso... Cesare è giovane, gli farà bene un po’ di cambiamento... Magari esaminando il dossier delle attività del suo ufficio mi verrà l’ispirazione...

(Esamina attentamente il dossier; dopo un po’ si alza e va verso la porta. La socchiude e guarda fuori. Ci sono cinque persone che lo guardano impaurito. Torna a sedersi.)

E’ qui da poco più di due anni e va d’accordo con tutti... Buon camerata ma qui non siamo in caserma. E poi perché Cesare dovrebbe essere trattato in modo diverso dagli altri? Devo risparmiare quel milione e mezzo, devo lasciare fuori l’amicizia... Macché amicizia, tutt’al più devo escludere la simpatia. Quel milione e mezzo.... Se ci riuscissi, chissà la faccia che farà il commendatore. Non posso contare su quell’idiota di amministatore, devo fare tutto da solo perché se il commendatore dovesse prendere in mano le briglie è probabile che farà un repulisti. Quel milione e mezzo...

(Ricomincia a rileggere il fascicolo. Va a sciacquarsi le mani e poi ritorna)

Tarmini Mannaggia a quel Cesare! Non usa mai le frasi scelte per scrivere le lettere, sono troppo personali e informali. Non va bene, non va bene... L’unico suo scopo è sfoggiare la sua abilità di propaganda... Vediamo un po’ i conti.... (digita delle cifre sulla calcolatrice) Cosa vedono i miei occhi... Le sue spese corrispondono alla metà di quelle della segreteria! Ma adesso basta, perché se continua così quello che ci rimetterà la faccia sarà il suo superiore, cioè il direttore, cioè io!
(getta sulla scrivania il dossier)

SCENA 3


Baldini (entra) Esci?

Tarmini No. Anzi resta qui un po’ con me... Ti devo parlare...

Baldini Guai?

Tarmini

Baldini Ho capito. Arriva il commendatore.

Tarmini Esatto, comincia l’anno delle economie. E tu non ti sei ancora reso conto di come vanno le cose... Ho rivisto le spese che hai fatto per la pubblicità... Sono altissime, il commendatore non si divertirà affatto a fine anno...

Baldini Ma anche le vendite sono aumentate... Anche se non so chi compri ancora questo inchiostro...

Tarmini Non mi stupirei se il commendatore a fine anno rivedesse le nostre stesse posizioni... Capisci? Qualcuno, dopo l’analisi del bilancio, dovrà stringere la cinghia...

Baldini Allora è una crisi!

Tarmini Ma no, ma no... E' solo la preoccupazione di tenersi nei giusti binari... Anche se tu giudichi la “Gabbiano” una vecchietta paralitica, come azienda artigianale noi siamo una delle più avanzate... Potremmo andare avanti con un solo ragioniere, e invece ci possiamo permettere un ufficio pubblicità.

Baldini Se lo dici tu...

Tarmini Ragazzaccio caro, non sei mai troppo stufo di questi inchiostri, vero?

Baldini Dai ti offro un aperitivo... andiamo  (si vestono per uscire: cappotto e cappello)



SCENA 4

(Bar)



Tarmini Qual era quella tua idea per Natale?

Baldini Scrivere i biglietti d’auguri con l’inchiostro Zeta. Non ti va? Un bel disegnino, con una mano che tiene una penna d’oca...

Tarmini Troppo vecchia, siamo in tempi di pubblicità subliminali e tu ragioni ancora in termini di orario ferroviario.

Baldini Siamo anche in tempi di penne a sfera e noi fabbrichiamo inchiostri da segretario galante.
Pensa a cosa si potrebbe fare se si dovesse pubblicizzare creme di bellezza o carni in scatola.

Tarmini Sei giovane. Aspetta di avere i miei quarant’anni.

Baldini Tu te la prendi troppo. Prima o poi affogherai in questi maledetti inchiostri.

(Brindano con il Vermut) Alla nostra!

Tarmini Se avessi io i tuoi anni, mio caro, non starei a dormire in una vecchia poltrona come la “Gabbiano”.

Baldini Ci vediamo oggi.

(Sorridono e si salutano)

SCENA 5

(Mattina. Ufficio)



Tarmini Ok... Quello che devo fare è convincere il commendatore, parlare seriamente con Cesare, ottenere l’automobile in dotazione a fine anno... D’altronde un direttore senza automobile è una penna senza inchiostro, dicevano... Sono sicuro di farcela! Ma ora viene la parte più difficile.... chiamare il commendatore...

(inizio chiamata)

Commendatore Pronto?

Tarmini Pronto. Buongiorno, sono Tarmini...

Commendatore Come sta andando l’azienda? Sta pareggiando il bilancio come avevo chiesto?

Tarmini Sì, ci stiamo provando, infatti...

Commendatore Mi raccomando, mi ha dato la sua parola non si tiri indietro e non trovi scuse!

Tarmini Non si preoccupi, ho pensato a una linea guida che potrebbe essere la migliore...

Commendatore Mi dica, ha attirato la mia attenzione...

Tarmini Ora le spiegherò in breve il progetto che accennai poco fa. Si tratta dell’ufficio di pubblicità. Direi che è necessario rivedere la fisionomia. Baldini è un ragazzo esuberante, forse meno attaccato al lavoro, oggi, rispetto ai primi tempi... Inoltre è un ideatore e, stando alle nostre necessità, sfruttarne a pieno le doti. E’ giovane, ma al “Gabbiano” ha poche possibilità di trovare la sua strada... Povremmo lasciarlo libero, direi, se lei è d’accordo. Il disegnatore potrebbe continuare da solo sotto la mia sorveglianza e la sua direttiva, ovviamente. Inoltre vorrei pregarla di dare un’occhiata più solerte proprio alla pubblicità, se mi permette. Lei sa che è l’etichetta di un’azienda. Per Baldini proporrei questo: se si dimette dobbiamo trattarlo bene, come è nostra tradizione. Per conto nostro, ridimensionato l’ufficio pubblicità, risparmieremmo circa due milioni annui.

Commendatore (aspetta a rispondere) Senta, io non voglio grane. Non vorrei che Baldini mi facesse delle questioni... Ha famiglia, no?

Tarmini Sì, ma io ho parlato di dimissioni. E poi, lei sa che sono un suo amico, ma non posso preoccuparmi fino all’estremo delle situazioni famigliari dei miei dipendenti... Qui si è come in guerra: guai se il generale chiedesse a tutti i soldati il numero dei figli.

Commendatore (tono allegro) Va bene, faccia lei. Lei sa che io mi fido completamente. E quei due milioni mi paiono assolutamente ben trovati. Quindi siamo d’accordo: proponga a Baldini il nostro appoggio in futuro, naturalmente lo doteremo di referenze. Ne avrà bisogno, il mercato della pubblicità è così precario. Veda lei, insomma. Ho sempre stimato il suo talento umano. Dirigenti si nasce, ma quel talento lo si ha naturalmente... Glielo dissi fin dal primo giorno: lei ci sa proprio fare con gli uomini, ed è questo che l’ha portata dove l’ha portata. Mi tenga informato, ma per iscritto, perché questa sera sono impegnato con mia moglie a Sanremo. Sono sicuro che andrà bene con Baldini. E, mi raccomando, che non si possa mai dire che alla “Gabbiano” sono successe cose spiacevoli. M’intende?

Tarmini (si accascia sulla sedia molto più rilassata rispetto a prima) Va benissimo. Grazie mille ancora e a presto.

Commendatore A presto.

SCENA 6

(Ufficio, silenzio)

Tarmini Ok, il commendatore è sistemato, ora non mi resta che il lavoro più disagevole ma anche quello più eccitante.

(buio, Tarmini si avvicina alla finestra, vi appoggia la fronte e la ritira quasi subito. Entra Baldini: Tarmini è seduto dietro a una cartella colma di lettere da firmare)

Tarmini Devo farti un discorso confidenziale. Finisco qui, poi usciamo per un caffè. Puoi?

Baldini (stupito) Certo! Nessun problema!

(Dopo un poco)

Tarmini Ora possiamo andare ...

SCENA 7

(Bar)

Tarmini Prenderei un marsala, che ne dici?

Baldini Va bene.

Tarmini Come va in casa?
Baldini Bene grazie...

Tarmini Andiamo male, mio caro...

Baldini Male?

Tarmini Malissimo... Ti ho portato qui per una questione. E’ una questione di forma. E’ meglio che certe cose vengano dette al caffè, senza scrivanie di mezzo.

Baldini Lo dico sempre io.

Tarmini Giusto. Dunque: mi ha telefonato il commendatore. Questo “rivedere le posizioni” ci sarà. La “Gabbiano”, oggi come oggi, è sana e deve poterlo restare. Io non so, tu potrai aspettare, lo deciderai tu, io volevo solo parlartene amichevolmente...

Baldini (sogghignando) Avanti: vuole licenziarmi?

Tarmini Che dici! Non si tratta di questo. E comunque non in questa forma. Si tratterà di un rimpasto, siamo troppo piccoli per mantenere certi lussi. E’ il mercato che lo vuole... L’ufficio pubblicità sarà la prima cosa ad essere riveduta.

Baldini E io con lei, giusto?

Tarmini Non è per te, è per l’azienda.

Baldini Già già.

(bevono il loro marsala silenziosamente)

Tarmini Senti, mi metto nei tuoi panni. Credi che non mi dispiaccia perdere l’unico amico che ho in quell’inferno? Mi metto nei tuoi panni: tu hai famiglia, doveri, conosco anch’io tutta questa spirale. Parliamone realisticamente, da amici.

Baldini Che cosa vuoi che ti dca? Che scriverò al commendatore? Che voglio parlargli?

Tarmini (scuotendo il capo) No, non faresti che attirare l’attenzione su di te e faresti di una questione aziendale un caso personale. Questa è l’eventualità più spiacevole.

Baldini E allora?

Tarmini Ascoltami. Posso sbagliare ma io la vedo così, consideralo un discorso da amico. Puoi tu fai quello che vuoi, ascoltalo o no, decidi tu. Se ti dovessi dimettere entro il mese e senza aspettare la congiuntura favorevole, otterresti oltre alla liquidazione una somma extra. Se ti dimetti più tardi non so come sarà. Poi ti dico anche questo: prenditi questi soldi e vai in città più aperte, come Milano e Roma... In due mesi di autonomia vedrai che troverai qualcosa di buono, che corrisponda ai tuoi veri interessi. Siamo intellettuali e tu sei più giovane di me... Perché vuoi perdere tempo con questi inchiostri? Tu hai una vita davanti, puoi trovarti un posto che possa accoglierti nel migliore dei modi, che ti offra un lavoro più vicino alle tue esigenze, sia che sia un posto tranquillo, sia che sia dinamico. Il commendatore ti farà senz’altro delle ottime lettere di referenze. Per me è ora che tu batta le tue ali, da solo, in un posto meno angusto. Ripeto hai una vita davanti a te, non sprecarti per un’azienda di inchiostri. Vola amico, Vola!

Baldini (pensieroso) Se me ne vado, quanto prenderò? Di soldi intendo... Liquidazione, tredicesima, premio extra, dovrei arrivare più o meno a mezzo milione... No?

Tarmini Non so, ci dovrei pensare bene, ora non è il momento... Dovrei consultarmi anche con l’amministratore.

Baldini (sorride triste) Questa situazione mi mette un po’ a disagio... Non mi piacciono gli inchiostri, quindi vorrei anche andarmene, ma ho anche una paura matta. Io non posso stare nemmeno un mese senza guadagnare, ho delle bocche da sfamare.....

Tarmini Scusami se sembro inopportuno, ma questa è un’occasione che ti si offre per spiccare il volo nell’ambito della pubblicità e per cominciare la tua propria carriera. Prendilo come un esame. Non voglio forzarti, sei libero di decidere. Ed è anche per questo che ti invidio.

Baldini Certo, mia moglie sarà anche contenta, così non mi sentirà più brontolare per questi maledetti inchiostri.
 (pausa di silenzio per riflettere e per distendere l’animo teso di Tarmini)

Tarmini Ripeto ancora una volta che ti invidio, ma mi spiace molto perderti... Avrai fortuna, ne sono certo. Intelligente, preparato, pieno di idee come sei, ti manca solo un po’ di discernimento... Quel talento è necessario per manovrare tra le persone. Ma imparerai, hai tanto tempo davanti a te...

Baldini Massì, anno nuovo, vita nuova. Forse è proprio ora di far fagotto.

Tarmini Mi raccomando... Tutto questo deve rimanere tra noi.

Baldini (sorridente) Ma certo, stai tranquillo e grazie ancora!

(Si abbracciano. Tarmini dà una pacca sulla spalla a Baldini)

SCENA 8

(Ufficio: Tarmini è alla scrivania. Silenzio)

Tarmini Tutto questo mi pare un colpo di spada nel burro... Quel ragazzo è veramente troppo buono... Ma ora devo pensare al discorsetto da fare al disegantore dell’ufficio pubblicità. E’ necessario che si sappia che d’ora in avanti avrebbe lavorato a stretto contatto con il direttore stesso, anche se al direttore non piaceva tanto il suo modo di insegnare un po’ antiquato. Forse è anche un modo per tenere sotto controllo il suo carattere burrascoso. Sì, sì è proprio il percorso migliore! Però a tutto questo ci penserò domani, che ultimamente è stato un periodo pesante...





Susanna Arioli

Il Talento Umano

Sceneggiatura tratta dal racconto "Il Talento Umano", appartenente alla raccolta "Storie d'Ogni Giorno"

Scena 1

(Ufficio: inquadratura di spalle della figura frettolosa di Emilio Tarmini, con in braccio dei documenti. Cammina verso il suo ufficio occhieggiando di tanto in tanto alle porte ai lati del corridoio per controllare i suoi lavoratori. Arriva davanti al suo ufficio ed entra, chiudendo la porta. Si dirige alla scrivania, dove appoggia i documenti e volge lo sguardo alla finestra, decidendo di aprirla. Si ferma ad osservare la città per un po', per poi percepire un brivido di freddo e chiudere prontamente. Occhieggia poi al suo orologio da polso e cammina lentamente avanti ed indietro, fino a quando non si apre la porta, sorprendendolo)
Cesare (sorridendo) ' Giorno capo!
(Cesare si dirige fischiettando a grandi falcate verso la poltrona accanto alla scrivania di Tarmini, vi si abbandona sopra emettendo un rumoroso sbuffo, guardando al soffitto. Si spolvera e si sistema poi la giacca e solo ora guarda Tarmini in faccia)
Cesare Sai capo, hai proprio fatto male a non venire ieri sera. (alzandosi e gesticolando con le mani) Il film non era per niente male! E abbiamo anche cenato in una pizzeria che, credimi, meritava davvero!
Tarmini (annuisce senza dire niente)
Cesare (mette un braccio attorno alle spalle di Tarmini, sussurrando) A proposito, hai presente Pina, la ragazza che lavora nel mio ufficio? Mi sa che ha una bella cotta per te! Dovresti vederla, appena entri scappa via arrossendo! È proprio vero ciò che si dice sui capiufficio...
Tarmini Ossia?
Cesare Che siete i nuovi professori, alias prime cotte giovanili! (leggera gomitata)
(Tarmini lo guarda male)
Cesare Eddai, sai che scherzo! So che non sei il tipo che cerca rogne, specialmente con le colleghe...anche se chiusi qui otto ore non è che si possa combinare alcunché con le donne (si risiede ed accende una sigaretta, allentandosi la cravatta. Tarmini alza gli occhi al cielo senza farsi vedere. Ritorna alla scrivania, si siede e butta l'occhio sul contratto di Cesare)
Cesare (esalando fumo) Se poi hai tempo per discutere di lavoro, chiamami. Credo di avere una discreta idea per Natale (con tono pubblicitario e allargando le braccia) "Tingete il vostro tacchino con l'inchiostro Kappa! " (guarda Tarmini) Che ne pensi? Oltre al solito ''Scherza coi mostri e lascia star gli inchiostri''
Tarmini (alzando gli occhi dal foglio) Tarmini: Tu hai troppe idee. Peccato non avere abbastanza spazio per raccoglierle tutte... (prende una penna e un altro documento) Comunque ora ho fare. Quindi ci vediamo più tardi
Cesare D'accordo (si rialza) Vado a fare qualche scarabocchio con la Pina e ti prendo il giornale (fa un occhiolino ed esce)
Tarmini (tra sé e sé): Risparmierei un milione e mezzo licenziandolo. Prende il suo lavoro sottogamba, non pensa al lavoro nemmeno di notte! Solo ragazze, cinema e pizze, non ha altro per la testa. (Prende il registro delle attività di Cesare e sfoglia le sue diverse parti. Non trovando nulla, lo rilegge da capo, ma lo sbatte controvoglia sulla scrivania)
Scena 2
(Rumori di risate femminili e passi; Cesare bussa e, alla risposta di Tarmini, apre la porta e chiede)
Cesare Esci?
(Tarmini finge uno sconsolato dissenso)
Cesare Ahi ahi ahi, guai in vista?
Tarmini Già.
Cesare Il commendatore, vero?
Tarmini (sospirando) Comincia un anno all'insegna del risparmio, mio caro. Hai speso un capitale per le tue pubblicità, il commendatore non ne sarà felice
Cesare (ridendo) Beh, ma le vendite sono aumentate. Anche se mi chiedo chi compri tanto inchiostro
Tarmini Scommetto che il commendatore rivedrà le nostre stesse posizioni a fine anno. Capisci? Qualcuno dovrà stringere la cinghia.
Cesare (Senza perdere il sorriso sulle labbra) Una crisi?
Tarmini scuote la testa, gesticolando: Ma no, ma no, è giusto per tenerci a bada. Sai che ci siamo concessi diversi lussi.
(Cesare rotea gli occhi)
Tarmini Lo so che giudichi la "Gabbiano" come una nonnina paralitica, ma ci siamo davvero concessi dei lussi, come un ufficio pubblicità, quando noi potremmo andare avanti solo con un buon ragioniere e le sue opportune telefonate.
Cesare (inarcando un sopracciglio) Se lo dici tu.
Tarmini (si alza e gli dà una pacca sulla spalla) Tarmini: Non si è mai troppo stufi d'inchiostro, eh?
(Ridono)

Cesare Aperitivo? Offro io!
(Sguardo d'intesa) Tarmini: Allora accetto
(Si vestono, escono dall'ufficio e si incamminano)
Scena 3

(per strada)
Tarmini Allora, la tua idea per Natale?
Cesare (si schiarisce la gola, recitando) "Fate gli auguri con gli inchiostri Zeta"
Tarmini Vecchia. Dovresti puntare a qualcosa di più moderno, più subliminale.
Cesare Vorrei ricordarti che vendiamo inchiostri da segretario galante in epoca da penne a sfera.
(Ridono e entrano in un bar)
Cesare Pensa cosa si potrebbe fare pubblicizzando creme, carne in scatola...
Tarmini (frenandolo): Sei giovane, aspetta di aver quarant'anni. Vedi come cambi idea!
Cesare Te la prendi troppo. Rischi di affogare in tutto questo inchiostro!
(Alzando il proprio bicchiere di vermut)

Comunque sia, alla nostra!

(Brindano e bevono)
Tarmini Fossi giovane come te, non ammuffirei in una azienda come la Gabbiano
Cesare (guardando dentro il suo bicchiere): Se lo dici tu... (si alza) io vado. Ci si vede!
(Si stringono la mano e si allontanano in direzioni opposte. Tarmini si gira verso Cesare, guardandolo allontanarsi)

Tarmini (tra sé e sé): Nella vita serve coraggio. Deve trovare il coraggio di cambiare tutto: impiego, vita,città. I veri interessi dei giovani sono altri, ecco cosa deve capire. (Si allontana)
Scena 4
Tarmini (ufficio: al telefono con il commendatore)
Ora, commendatore, le spiegherò in breve ciò che avevo in mente, riguardo l'ufficio pubblicità: è da rivedere. (silenzio e poi continua) Mi spiego: ha presente Baldini? È un giovane esuberate, poco attaccato al lavoro. È un ideatore, non un disegnatore. La Gabbiano non va bene per uno come lui, gli chiude la strada, non possiamo sfruttare a pieno le sue doti. (attimo di silenzio e riprende) Esattamente, vorrei lasciarlo libero ,tanto il disegnatore se la può cavare da solo, naturalmente sotto la mia sorveglianza e la sua direttiva, signor commendatore. (silenzio e riprende) Cosa si guadagna? Beh, ridimensionando l'ufficio pubblicità risparmieremmo due milioni e mezzo (Silenzio) So perfettamente che Baldini ha famiglia, ma non avrà grane. Non ci si deve preoccupare troppo delle situazioni familiari dei dipendenti, lei lo sa bene (silenzio) Sì, sarà lui stesso a riconsiderare la sua posizione. È giovane, deve spiccare il volo autonomamente. Non può infossarsi così, a trent'anni. (lungo silenzio) Lei è troppo gentile, il mio non è talento umano, è solo il minimo che possa fare. La ringrazio signor commendatore (fine della telefonata)
È fatta! (fissa fuori dalla finestra, sospirando) È fatta...
(Bussare alla porta. Tarmini si gira, si sistema la cravatta)
Tarmini Avanti (Cesare entra) Ah,sei tu! Sai, devo farti un discorso confidenziale, non appena usciamo per un caffè. Puoi?
Cesare (colto di sorpresa) Ehm,certamente, certo! (passa qualche minuto. Tarmini si alza, si veste ed escono)

Tarmini Bene, andiamo.
Scena 5
(Bar)

Tarmini Come va in casa?
Cesare Uhm, bene, bene grazie!
(Tarmini abbassa la testa, scuotendola. Schiocca la lingua in segno di disappunto) Andiamo male, malissimo mio caro.
Cesare (spaventato) Perchè?
Tarmini (rialzando lo sguardo) Ho parlato con il commendatore: le voci sulla revisione della posizioni è confermata. Volevo parlartene amichevolmente, non voglio girarci troppo...
(Cesare capisce e si gira il bicchiere tra le dita, assorto) Quanto prenderò?
Tarmini Non so, liquidazione a parte. Potrei proporre una cifra, se vuoi. Ma penso che tu abbia prima bisogno di riflettere
Cesare (annuisce triste) Non ho mai amato gli inchiostri e la tentazione di andarmene, ma ho paura. Ho delle bocche da sfamare, non posso stare un mese senza guadagnare...
Tarmini (mettendogli una mano sulla spalla. Cesare lo guarda dal basso) Guarda che questa è un'occasione! Sei libero come l'aria, non voglio mica forzarti! Già ti invidio per questo.
Cesare (accenna un sorriso triste) Sono secoli che me be lamento. Forse mia moglie non se la prenderà troppo (si alza, pagano e ed escono) Liquidazione, tredicesima, premio extra...a mezzo milione dovrei arrivare, no?
Tarmini Non essere precipitoso. Vai a casa e pensaci su. Ne riparliamo domani, va bene? (Gli batte una mano sulla spalla) sei in gamba, ti manca solo il talento di manovrare le persone. Ma imparerai, ne sono certo. (sorride)
Cesare (annuendo convinto) Hai ragione. Anno nuovo, vita nuova! Penso che si giusto il momento di andare via da quel posto. Grazie davvero Emilio! (Lo abbraccia) Un giorno di questi ti inviterò a cena da noi, per ringraziarti.
Tarmini (sorridendo) Senz'altro. (Si salutano)
Tarmini (lo guarda andare via. Tra sé e sé) È stato semplice. È fatto di burro, quello là, è bastato nulla per convincerlo. Forse dovrei fare lo stesso discorsetto al suo amico disegnatore: ha decisamente uno stile troppo...antiquato


Martina Ghilardi

Cuori Infranti


Sceneggiatura tratta dal racconto "Cuori Infranti", appartenente alla raccolta "Storie Quotidiane".

Ambientazione: casa (aula)
Oggetti di scena: tavolo (apparecchiato per pranzo di nozze), descrizione cibo, sedie
Personaggi: uomo (vecchio), moglie (Maddalena), figlia con marito, due cugini ospiti


Personaggi intorno al tavolo mentre colloquiano
Uomo: “tornassi indietro di cinquant’anni mi sposeresti ancora? Ma d’ la verità, Maddalena”.
Moglie: “no” socchiudendo le palpebre e muovendo la testa
Sguardo tra i commensali
Uomo: “oh Maddalena” ridendo pianamente
“Va bene. Ti sei sfogata. Adesso dì la verità. Se tornassimo tutte e due indietro di cinquant’anni, mi sposeresti ancora?”
Moglie: “no” in modo diretto, veloce, riaprendo gli occhi con sguardo perso
Brusio appena impercettibile dei commensali, seguito da un gioco di sguardi ora ridenti ora ansiosi
Uomo: “e me lo ripeteresti anche una terza volta?” con tono provocatorio
Moglie: “se vuoi. Un no è sempre un no.”
Intanto il vecchio si alza da tavola con un fare impettito e fiero di sé, li pranzo finisce in silenzio.




Due anni dopo. Maddalena e il vecchio ormai morti.
Scena dopo il funerale di Maddalena
Ambientazione: sala (aula)
Oggetti: sedie
Personaggi: i due cugini (ospiti a cena), figlia (di Maddalena e Vecchio) e marito
I personaggi dialogano nel salotto della figlia di Maddalena (Lucia)
Donna: “mi dispiace mia cara Lucia.”
Lucia: “non ti preoccupare…sto bene.” pausa con sguardo perso
“è forse adesso che riuscirà a raggiungere la pace che non ha avuto in vita, d’altronde ha passato tutti questi anni sotto i voleri di mio padre.”
Donna: “oh povera Maddalena.” Sospirando “ben ricordo di quando tuo padre volle comprare la Diletta da corsa, in tutti i modi aveva cercato di convincerlo a rinunciare ma…”
Lucia: “…ma mio padre non ascoltava nessuno. Quello che diceva lui era legge e faceva quello che voleva.”
Donna: “dai Lucia non dire così…”
Lucia: “è la verità. Stessa verità con cui mia madre ebbe in coraggio di rispondere no a mio padre durante il pranzo di nozze”
Uomo: “oh ben ricordo. Che coraggio.”
Lucia. “vi assicuro che da quella volta lì, mio padre non ebbe più il coraggio di chiedere cose simili a mia madre. Non gli piaceva sentirsi dire la verità”
I personaggi si guardano. Lucia abbassa gli occhi e va via.

Elena Moretto

INTERVISTE IMPOSSIBILI (da "Il Buio e il Miele")




Il racconto, o meglio, l’intervista in questione è ispirata a Fausto G., militare cieco coprotagonista del romanzo “Il Buio e il Miele” di Giovanni Arpino. Fausto è un uomo brusco, sprezzante, sboccato, quasi nichilista e a tratti prepotente, convinto della piccolezza degli uomini. Beve perennemente da una piccola bottiglia che porta con sé nel viaggio che lo condurrà da Torino a Napoli. Il mondo a tinta unita in cui si muove è pieno dell’astio e della rabbia, violenta e disperata, del personaggio, che culmina in disprezzo per se stesso e in triste rassegnazione alla fine del romanzo.
L’intervista racconta un ipotetico incontro tra Giovanni Arpino e Fausto G.: Il primo è consapevole di essere uno scrittore e il secondo sa di essere un personaggio inventato.

[Fausto G. siede nella stanza. Fuori, Napoli ruggisce in una cacofonia di voci e strilli e suoni e onde del mare. ]

Arpino: Buonasera Fausto, grazie per aver accettato l’intervista. “La Stampa” sarà lieta di pubblicarla.

Fausto: ‘Sera. Posso chiamarla Ciccio? Li chiamo tutti così, anche quando vogliono intervistarmi. Che cosa mi intervistano a fare poi, ché non ho nulla da dire.

A: Ciccio? Va bene, faccia pure. Allora io, se a lei non spiace, comincio. Come ci si sente ad essere protagonisti di un libr…

[Fausto interrompe Arpino]

F: Scusa Ciccio, hai mica da accendere? Lo zippo è scarico.

A: Certo. Certo, prenda.

[Arpino fa accendere Fausto e poi riprende]

A: Dicevo, come ci si sente ad essere protagonisti di un libro?

F [soffiando il fumo]: Bella domanda Ciccio, sai che non ti so rispondere? Letti forse, non ci si sente così? E importanti, quello sicuro, puoi contarci. Ci si sente fottutamente importanti e si comincia a strafare. Per esempio, io mica ci volevo andare fino a Napoli, a me andava bene Torino, ma poi la storia come la mandi avanti? Uno chiude il libro se ci sono sempre e solo io seduto in poltrona a Torino a fumare e litigare col Barone. Povero Barone, non ho avuto il coraggio di farmelo mandare qui, ma magari un giorno lo faccio. Ci si sente quasi costretti a fare cose strane quando si è i protagonisti di un libro; sì, costretti, come se ci fosse qualcuno che ti obbliga ad agire in un certo modo. Tu Ciccio, non ti senti mai così?

A: Io di solito sono quello che obbliga.

F: Cazzo, Ciccio, potevi dirlo prima. Magari quest’intervista la sto facendo perché tu mi ci costringi e io nemmeno me ne accorgo.

A: No, no, stavolta non sono io. Non creda che sarei venuto fino a Napoli per incontrarla. Anzi, ad essere onesto lei non mi piace mica.

F: E allora non potevi lasciarmi in fondo alla tua testa? Io mica te l’ho chiesto di farmi vivere ‘sta vita.

A: Le idee non si tengono nei cassetti della mente, sa? Se no diventano come pesi, come lame che squarciano il cervello. Le idee nascono per essere sviluppate, almeno in questo mondo. Su, continui per favore.

F: È inquietante, lo sai?

[Fausto si alza e si muove meticolosamente per la stanza, cercando la bottiglia del whisky e il bicchiere. Si versa una dose generosa e la butta giù prima di continuare, mentre Arpino lo guarda incuriosito]

F: Anche adesso, mi sento come se ci fosse qualcosa di diverso, di ancora meno naturale del solito. Come se ci fosse qualcun altro a scrivermi. Non che importi davvero: alla fine, ad avere la penna che traccia le linee della mia vita non sono mai io. La mia vita. Non è che un insieme di pagine quindi, eh? Ciccio, Ciccio, questa cosa non mi aveva mai colpito così tanto come ora. Come un pugile, come un gol inferto agli azzurri ai mondiali. Più forte, forse. E sai, non ci avevo mai fatto tanta attenzione, ma ora ci sto pensando ed è inquietante: Sara - l’ultimo ricordo che ho con lei è su una spiaggia, e l’altro Ciccio magari era ancora sul treno, ma dopo quello non c’è più nulla, come se la mia mente avesse cancellato ogni altra cosa. E stamattina mi sono svegliato e c’era l’idea dell’intervista, e ricordo di aver acconsentito a farla, ma non riesco ad andare più indietro di così. La cosa dei ricordi è questa: o qui o alla spiaggia, oppure ad esagerare in un bar con l’altro Ciccio, o in casa ad aspettare sempre l’altro Ciccio, ma mica si va più indietro. Come se un più indietro non ci fosse, ed il menù dei miei ricordi avesse soltanto queste portate. E la mia vita, me l’hai appena confermato, è stata soltanto quella. Pagine. E pure poche, un centinaio immagino, e per me sono state giorni. Io ho respirato quei giorni e le loro sensazioni, le sigarette, il whisky e persino quella donna, non mi ricordo nemmeno il nome. L’aria di Napoli mi è entrata nelle narici e lì è rimasta, il proiettile mi stava uccidendo, ho sprizzato sangue vero. Eppure ogni cosa, ogni secondo che ricordo, è stato soltanto carta. In tante copie, spero, ché almeno sia valsa qualcosa. Una vita di carta, che prospettiva! io sono un’illusione, sono un ritratto. È una grossa crisi per un personaggio scoprire d’esser ciò che è. La sensazione d’aver fatto cose che non sono nella propria natura è strana, ma questa è ancora peggio, sai? Io già lo sapevo d’esser niente, un niente a guisa d’insopportabile cieco, ma così mi distruggi: io sono meno di niente, meno del niente che sono tutti gli altri. I miei respiri sono stati solo carta, la bomba che m’ha chiuso per sempre gli occhi è stata solo carta. E quindi qual è il senso, Ciccio? Ché io non l’ho ancora capito. Come ci si sente ad essere protagonisti di un libro, mi hai chiesto. Bella domanda, ci sono tante risposte. Mi sa che l’intervista si chiude con una domanda sola, ché c’è stato molto da parlare.

[Arpino tace a lungo prima di accendersi una sigaretta]

A: È stata una bella intervista comunque, sa? Illuminante direi e interessante di sicuro. Pagine, pagine stampate molte volte e vendute. Pensi che la ricordano ancora a lei, capitano Fausto G., si chiedono persino quale fosse il suo cognome. Chi fosse prima di essere ciò che è stato nelle pagine che lei chiama tutta la sua vita. Alla fine, Fausto, che ne sa che non siamo tutti pagine? Cerchiamo almeno d’esser pagine che verranno ricordate.